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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.

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Instruttione

farebbe replica alcuna. Hora fu facil cosa et sara sempre ad
ogn' uno adombrar con specie di virtu un suo disegno, et non
lo potendo condurre virtuosamente ne all' aperta, tirarlo con
fallacia, come venghi donde si voglia -- ci par esser a termine
che non sappiamo indovinar donde procedeva -- ci par che si sia
stato fatto a noi, li quali si vede che tutte le diligentie che si
possono usare di non esser gabbati, sono state usate per noi,
et tanto che qualche volta ci pareva d'esser superstitiosi et di
meritarne reprehensione. Perche havendo el testimonio, et di
lettere et di bocca dell'imperatore, del buon animo suo, et che
Borbone obbedirebbe al vicere, et a cautela dando S. Mta let-
tere nuove a Paulo sopra questa obbedientia al vicere dirette
a esso Borbone, et facendosi el trattato con el poter si ampio
di S. Mta che doveva bastare, et havendo Borbone mostrato di
remettersi in tutto nel vicere, et contentandosi poi esso di venire
in poter nostro, fu una facilta tanto grande a tirarci allo stato
ove siamo che non sappiamo gia che modo si potra piu trovare
al mondo di credere alla semplice fede d'un privato gentil
huomo, essendovi qui intervenute molte cose e riuscito a questo
modo. Et per non cercare altro che fare i fatti proprii, era molto
piu lecito et facile a noi senza incorrer non solo in infamia di
non servator di fede, ma ne anche d'altro, usar dell' occasione
che la fortuna ci haveva portato, di starsi sicurissimo in Lombar-
dia come si stava che mai veniva Borbone inanzi, se l'eser-
cito della lega non si fusse raffreddato per la stretta prattica
anzi conclusion della pace, et valuto di quella commodita se-
guitar la guerra del reame, et da due o tre fortezze in poi le-
varlo tutto, e di poi andare appresso in altri luoghi, dove si
fosse potuto far danno et vergogna all' imperatore, et stando
noi saldi in compagnia dei confederati rendere tutti li disegni
suoi piu difficili. Ma parendoci che el servitio di dio et la misera
christianita ricercasse pace, ci proponemmo a deporre ogni grande
acquisto o vittoria che fussimo stati per havere, et offender
tutti li prencipi christiani et Italiani, senza saper quodammodo
che haver in mano, ma assai pensavamo d'havere se l'animo
dell' imperatore era tale come S. Mta con tante evidentie si sfor-
zava darci ad intendere. Et molto poco stimavamo l'offensione
degli altri prencipi christiani, li quali di li a molto poco ci sa-
rebber restati molto obbligati se si fusse seguito quello che
tanto amplamente S. Mta ci ha con argumenti replicato, che sa-
rebbe, accordandosi noi seco, per rimettere in nostra mano la
conclusion della pace et assenso con li prencipi christiani. Et
se alcuno volesse pensare che fussimo andati con altro objetto,
costui conoscendoci non puo piu mostrare in cosa alcuna la
malignita sua; non ci conoscendo et facendo diligentia di sapere
le attioni della vita nostra, trovera che e molto consentiente
che noi non habbiamo mai desiderato se non bene et operato
virtuosamente et a quel fine postposto ogni altro interesse: et
se hora ce n'e successo male ricevendo di mano di N. Sigre dio
quanto giustamente gli piace con ogni humilta, non e che da
gli huomini non riceviamo grandissimo torto et da quelli massime

Instruttione

farebbe replica alcuna. Hora fu facil cosa et sarà sempre ad
ogn’ uno adombrar con specie di virtù un suo disegno, et non
lo potendo condurre virtuosamente nè all’ aperta, tirarlo con
fallacia, come venghi donde si voglia — ci par esser a termine
che non sappiamo indovinar donde procedeva — ci par che si sia
stato fatto a noi, li quali si vede che tutte le diligentie che si
possono usare di non esser gabbati, sono state usate per noi,
et tanto che qualche volta ci pareva d’esser superstitiosi et di
meritarne reprehensione. Perche havendo el testimonio, et di
lettere et di bocca dell’imperatore, del buon animo suo, et che
Borbone obbedirebbe al vicerè, et a cautela dando S. M let-
tere nuove a Paulo sopra questa obbedientia al vicerè dirette
a esso Borbone, et facendosi el trattato con el poter si ampio
di S. M che doveva bastare, et havendo Borbone mostrato di
remettersi in tutto nel vicerè, et contentandosi poi esso di venire
in poter nostro, fu una faciltà tanto grande a tirarci allo stato
ove siamo che non sappiamo gia che modo si potrà piu trovare
al mondo di credere alla semplice fede d’un privato gentil
huomo, essendovi qui intervenute molte cose e riuscito a questo
modo. Et per non cercare altro che fare i fatti proprii, era molto
piu lecito et facile a noi senza incorrer non solo in infamia di
non servator di fede, ma nè anche d’altro, usar dell’ occasione
che la fortuna ci haveva portato, di starsi sicurissimo in Lombar-
dia come si stava che mai veniva Borbone inanzi, se l’eser-
cito della lega non si fusse raffreddato per la stretta prattica
anzi conclusion della pace, et valuto di quella commodità se-
guitar la guerra del reame, et da due o tre fortezze in poi le-
varlo tutto, e di poi andare appresso in altri luoghi, dove si
fosse potuto far danno et vergogna all’ imperatore, et stando
noi saldi in compagnia dei confederati rendere tutti li disegni
suoi piu difficili. Ma parendoci che el servitio di dio et la misera
christianità ricercasse pace, ci proponemmo a deporre ogni grande
acquisto o vittoria che fussimo stati per havere, et offender
tutti li prencipi christiani et Italiani, senza saper quodammodo
che haver in mano, ma assai pensavamo d’havere se l’animo
dell’ imperatore era tale come S. M con tante evidentie si sfor-
zava darci ad intendere. Et molto poco stimavamo l’offensione
degli altri prencipi christiani, li quali di lì a molto poco ci sa-
rebber restati molto obbligati se si fusse seguito quello che
tanto amplamente S. M ci ha con argumenti replicato, che sa-
rebbe, accordandosi noi seco, per rimettere in nostra mano la
conclusion della pace et assenso con li prencipi christiani. Et
se alcuno volesse pensare che fussimo andati con altro objetto,
costui conoscendoci non può piu mostrare in cosa alcuna la
malignità sua; non ci conoscendo et facendo diligentia di sapere
le attioni della vita nostra, troverà che è molto consentiente
che noi non habbiamo mai desiderato se non bene et operato
virtuosamente et a quel fine postposto ogni altro interesse: et
se hora ce n’è successo male ricevendo di mano di N. Sigre dio
quanto giustamente gli piace con ogni humiltà, non è che da
gli huomini non riceviamo grandissimo torto et da quelli massime

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[260/0272] Instruttione farebbe replica alcuna. Hora fu facil cosa et sarà sempre ad ogn’ uno adombrar con specie di virtù un suo disegno, et non lo potendo condurre virtuosamente nè all’ aperta, tirarlo con fallacia, come venghi donde si voglia — ci par esser a termine che non sappiamo indovinar donde procedeva — ci par che si sia stato fatto a noi, li quali si vede che tutte le diligentie che si possono usare di non esser gabbati, sono state usate per noi, et tanto che qualche volta ci pareva d’esser superstitiosi et di meritarne reprehensione. Perche havendo el testimonio, et di lettere et di bocca dell’imperatore, del buon animo suo, et che Borbone obbedirebbe al vicerè, et a cautela dando S. Mtà let- tere nuove a Paulo sopra questa obbedientia al vicerè dirette a esso Borbone, et facendosi el trattato con el poter si ampio di S. Mtà che doveva bastare, et havendo Borbone mostrato di remettersi in tutto nel vicerè, et contentandosi poi esso di venire in poter nostro, fu una faciltà tanto grande a tirarci allo stato ove siamo che non sappiamo gia che modo si potrà piu trovare al mondo di credere alla semplice fede d’un privato gentil huomo, essendovi qui intervenute molte cose e riuscito a questo modo. Et per non cercare altro che fare i fatti proprii, era molto piu lecito et facile a noi senza incorrer non solo in infamia di non servator di fede, ma nè anche d’altro, usar dell’ occasione che la fortuna ci haveva portato, di starsi sicurissimo in Lombar- dia come si stava che mai veniva Borbone inanzi, se l’eser- cito della lega non si fusse raffreddato per la stretta prattica anzi conclusion della pace, et valuto di quella commodità se- guitar la guerra del reame, et da due o tre fortezze in poi le- varlo tutto, e di poi andare appresso in altri luoghi, dove si fosse potuto far danno et vergogna all’ imperatore, et stando noi saldi in compagnia dei confederati rendere tutti li disegni suoi piu difficili. Ma parendoci che el servitio di dio et la misera christianità ricercasse pace, ci proponemmo a deporre ogni grande acquisto o vittoria che fussimo stati per havere, et offender tutti li prencipi christiani et Italiani, senza saper quodammodo che haver in mano, ma assai pensavamo d’havere se l’animo dell’ imperatore era tale come S. Mtà con tante evidentie si sfor- zava darci ad intendere. Et molto poco stimavamo l’offensione degli altri prencipi christiani, li quali di lì a molto poco ci sa- rebber restati molto obbligati se si fusse seguito quello che tanto amplamente S. Mtà ci ha con argumenti replicato, che sa- rebbe, accordandosi noi seco, per rimettere in nostra mano la conclusion della pace et assenso con li prencipi christiani. Et se alcuno volesse pensare che fussimo andati con altro objetto, costui conoscendoci non può piu mostrare in cosa alcuna la malignità sua; non ci conoscendo et facendo diligentia di sapere le attioni della vita nostra, troverà che è molto consentiente che noi non habbiamo mai desiderato se non bene et operato virtuosamente et a quel fine postposto ogni altro interesse: et se hora ce n’è successo male ricevendo di mano di N. Sigre dio quanto giustamente gli piace con ogni humiltà, non è che da gli huomini non riceviamo grandissimo torto et da quelli massime

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Zitationshilfe: Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 260. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/272>, abgerufen am 27.04.2024.